G
 

GAMBE SENZA RIPOSO.
Il bambino avverte formicolii, bruciore, prurito, in genere agli arti inferiori, ma anche a quelli superiori e al tronco.
Questi disturbi sono più forti quando il bambino sta fermo, ma vengono alleviati dal movimento, per questo il bambino si agita, si massaggia, si muove, si alza e vuole stare in piedi. Per questo il giorno successivo ha sonnolenza.

Che cosa fare

I genitori non devono svegliare il bambino, si tratta di un fenomeno che non richiede alcun trattamento.

GASTROENTERITE
(vedi Enterite e Diarrea).

GELATO.
Il gelato è un ottimo alimento, però si devono seguire dieci consigli:

  • Si può iniziare a dare appena il bambino ha compiuto sette mesi.
  • Va bene a merenda, mentre
  • è sconsigliato alla fine del pasto, perché, essendo freddo, interferisce con i processi digestivi.
  • Vanno bene sia quelli artigianali, sia industriali.
  • Sono da consigliare quelli alla frutta, alla crema o al fiordilatte, ma è la fragola il gusto più gradito.
  • Il 60% del gelato è costituito da acqua, perciò è utile anche per introdurre liquidi che servirebbero.
  • Purtroppo contiene molte calorie, 218 kcal in 100 gr, all’incirca le stesse di un’identica quantità di marmellata (un cornetto pesa un media 75 gr).
  • Proprio per questo alto contenuto di calorie va fatto mangiare come fosse un alimento, cioè sostituisce lo spuntino di metà mattinata o la merenda, ma non va mai fatto mangiare fuori pasto.
  • Andrà limitato a chi è soprappeso o obeso (“cicciottello”).
  • I bambini piccoli cercano sempre di mangiare da soli: lasciamoli fare e, anche se si sporcano con il gelato, per loro è sempre un’esperienza positiva.
  • È anche un rimedio di pronto soccorso: quando ci si procura un trauma alla bocca (in genere alle labbra e ai denti), anziché cercare di fargli tenere una borsa con il ghiaccio, che quasi mai è accettata, perché dà fastidio, è più utile fargli mangiare un gelato: il freddo arriva ugualmente, ma in modo piacevole.

GELONI.

(vedi Freddo)

GENGIVOSTOMATITE AFTOSA.  

 (ulcere in bocca e gengive arrossate)

È l’infiammazione della bocca e delle gengive ed è provocata dal primo incontro del virus dell’erpes simplex 1. Fino a 1 anno il bambino è protetto dagli anticorpi prodotti dalla madre, per questo l’infezione è più frequente fra 1 e 3 anni. Il primo sintomo a comparire è la febbre che dura da 5 a 7 giorni, in genere supera i 39°C, ma può arrivare fino a 40,5°C. Dopo 24-48 ore compaiono delle lesioni all’interno della bocca. Si hanno delle afte che sono delle vescicole, che si rompono e determinano delle erosioni sanguinanti sulla mucosa che provocano dolore. Le gengive sono arrossate, tumefatte, fragili e sanguinanti. L’alito è maleodorante e si ha scialorrea (è una eccessiva salivazione che fuoriesce dalla bocca), il bambino non vuole mangiare. Il miglioramento si ha dopo 5-7 giorni e la guarigione dopo 10. Non è necessario assumere farmaci. L’acyclovir ha una scarsa efficacia.


Quando finisce la convalescenza ed è possibile rientrare a scuola?
Dopo la guarigione clinica, in genere dopo un periodo che varia da 7 a 10 giorni.

 

GENITALI: sviluppo nel maschio.

 

Stadio

Età di esordio in anni

Media

Può variare
 da   -    a

Si ha l’ingrandimento di scroto e testicoli, ma non ancora del pene

 

11 ½

 

             12   -   14

Il pene aumenta in lunghezza, testicoli e scroto si ingrandiscono ancora

 

13

 

             11   -   15

Il pene e il glande aumenta in lunghezza e circonferenza. Testicoli e scroto si ingrandiscono ancora.

 

13 ½

 

          11 ½  -  16

Genitali da adulto

15

          12 ½  -  17

Per fargli «ingrossare» i genitali
Il bambino sovra peso o obeso può darsi che presenti il pene più piccolo degli altri bambini: basta che il bambino regolarizzi il peso, eseguendo una dieta e anche il pene si «allungherà», ma solo perché diminuisce il grasso del pube che lo ricopre alla base, facendolo apparire più corto.

 

GENITORI 
Si distinguono tre tipi di genitori: gli autorevoli, gli autoritari e i permissivi: eccone una “galleria”.
Genitore  nella  norma
l   Autorevole: ha fiducia in se stesso e dimostra che è in grado di condizionare l’ambiente, è affettuoso, sollecito, ha confidenza e un dialogo aperto con il figlio, gli spiega le sue scelte, gli motiva gli eventuali divieti e pone dei limiti, che, però, vuole che siano rispettati.
Genitore  “cattivo”
Può essere:
l   Autoritario: dà ordini ed esige che vengano rispettati, senza motivarli. Quasi sempre non ha dialogo con i figli.
l   Violento che maltratta i figli.
l   Incestuoso: oggi è frequente una forma diversa che nel passato, legato all’alto numero di separazioni e di famiglie ricombinate, infatti il “terzo genitore” può avere rapporti sessuali con il figlio che non gli appartiene: in teoria non è un consanguineo, ma di fatto, dal punto di vista psicoaffettivo è pur sempre un genitore
l   Litigioso: quando moglie e marito litigano, tendono a strumentalizzare, ognuno a proprio vantaggio  l’aspetto o i problemi del figlio, il quale si troverà a dover prendere le difese o ad accusare uno dei due genitori.
l   Egoista: non parla con il figlio, non gli dedica un tempo sufficiente, perché è preso più dai proprio problemi, interessi o piaceri. A questo gruppo appartiene anche chi non vuole che i figli crescano e, impedendo il normale sviluppo psicologico, sono fronte di depressione.
l   Con le aspettative: anche questi rientrano nella categoria dei "cattivi", perché proiettano sui figli le proprie aspettative, spesso gli obiettivi mancati della propria vita o le ambizioni di avanzamento sociale. Ci sono aspettative nello studio, in genere sono quelle dei genitori con più alto livello di istruzione e i figli sono i principali candidati alla fobia scolare, infatti tale patologia colpisce proprio chi si interessa, investe ed ha aspettative dalla scuola, non certo chi la marina, oppure sa che, finito l'obbligo scolastico, i genitori non insisteranno perché continui a studiare. Le aspettative dei genitori, però, sono indirizzate anche in altre direzioni, oltre che a quelle della scuola, i successi sportivi o la bellezza.
Genitore “in  difetto” (perciò permissivo)
l   Depresso: è uno dei principali fattori di rischio per favorire la depressione anche nei figli, sia perché c’è una imitazione dell’adulto e perciò anche quando ha un volto inespressivo e l’umore triste, ma anche perché il figlio si sente impotente non sapendo aiutare i genitori e risolvergli i problemi
l   Iperprotettivo: lo è quando il figlio si ammala spesso e sembra più "gracile" o "cagionevole di salute" degli altri, è stato adottato o molto atteso ed è nato dopo molti anni di matrimonio, oppure quando un altro fratello è morto. A questo gruppo appartiene anche quel genitore che, avendo avuto un’infanzia “difficile”, cerca d non fare “soffrire” il proprio figlio.
l   In colpa perché "ha tolto" qualcosa al figlio, se è nato da una gravidanza non desiderata o è portatore di handicap o di una malattia cronica. Questo è il caso anche del genitore unico (separazione, divorzio o ragazza madre).
l   Incapace: in genere vive solo, isolato dagli altri, talvolta è ammalato, in genere demanda ad altri (partner o nonni) l'educazione dei figli. In questa situazione c'è il rischio che il figlio prenda il posto del genitore e questo può avvenire in caso di separazione.
l   Libertario: ha male interpretato certe moderne teorie educative basate sull'autocoscienza e autogestione dei figli, in opposizione all'autoritarismo.
l   Separato: ormai il fenomeno è sempre più  diffuso  e sono coinvolti figli sempre più piccoli.

GIARDIASI
(vedi Parassiti intestinali)

GINECOMASTIA.
È lo sviluppo delle mammelle nel maschio provocato dagli ormoni. Nel 60-70% degli adolescenti, cioè in 2 su 3, le mammelle si ingrossano soprattutto fra i 14 e i 15 anni di età. Non è chiaro esattamente il meccanismo di un simile fenomeno, ma è probabile che sia dovuto ai cambiamenti della quantità di ormoni presenti nell’organismo e che variano proprio in occasione dello sviluppo sessuale. In genere è un fenomeno che preoccupa molto l’adolescente che teme una femminilizzazione o una omosessualità, cioè ha paura di “non essere normale”. Anche in questo caso il medico può rassicurare dicendo che entro 2-3 anni la ginecomastia regredirà spontaneamente nel 90% dei casi, ma se persiste per più di 2-3 anni si deve eseguire un’asportazione chirurgica dettata però solo da motivi estetici, e di conseguenza psicologici ,ma non  medici.L'intervento è indicato anche se le dimensioni superano i 5 cm (il fenomeno si chiama “macromastia”).

GINOCCHIO VALGO
(si toccano – cioè gambe a X) O VARO (sono distanti – cioè gambe a “parentesi”). La normale posizione dell’arto inferiore cioè coscia e gamba dovrebbe essere tale per cui tracciando una linea ideale dal centro del gluteo, questa dovrebbe sempre mantenersi nel centro dell’arto fino al calcagno e al piede.
Varo è il ginocchio che è eccessivamente distante dall’altro, in cui le gambe sono arcuate come due parentesi.
Valgo invece è la situazione opposta:le ginocchia si toccano mentre i piedi sono distanti tra loro facendo assumere alle gambe un tipico aspetto a X.
- Alla nascita il ginocchio è varo perché riflette la posizione che il bambino ha mantenuto in utero.
- Durante i primi due anni di vita questa posizione degli arti si modifica, per cui le ginocchia tendono a toccarsi tra loro cioè si ha il ginocchio valgo e
- verso i 3 anni questa è la situazione più frequente.
- Durante i successivi 7 anni si ha un progressivo assestamento e le ginocchia assumono una posizione normale.
- I genitori perciò devono sapere che fino a 10 anni il bambino può avere gli arti inferiori non ben allungati e consumare le scarpe in modo non simmetrico l’una rispetto all’altra.
Indubbiamente si deve osservare un progressivo allineamento simmetrico degli arti che è bene controllare eseguendo fotografie ogni 6-12 mesi. Le fotografie sono da preferire alle radiografie, perché le radiazioni ionizzanti sono particolarmente dannose negli organismi in rapido accrescimento, come appunto i bambini.
Che cosa fare

Quando in base ai controlli fotografici  si vede che le ginocchia tendono progressivamente a distanziarsi fra loro e divenire perpendicolari  rispetto al piede, si può attendere la risoluzione spontanea del problema.

Per aiutare questa evoluzione si deve garantire il “potenziamento muscolare” (l’aumento di forza dei muscoli) con qualunque tipo di sport purché sia gradito e scelto dal bambino. Si può iniziare già a 3 anni e dall’età di 5 anni in poi sono consigliate 5 ore di attività sportiva alla settimana.

È importante, per favorire tale evoluzione, che il bambino abbia un peso appropriato all’altezza (vedi), infatti, il valgismo del ginocchio infatti è una complicanza del sovrappeso (gli arti non riescono a “sopportare il peso”).
Inutili o dannosi tutti gli apparecchi e i presidi ortopedici come scarpe correttive,  plantari , rinforzi,speroni alla suola. Il bambino non accetta bene “accessori” che lo rendano diverso dai coetanei e in alcuni casi possono fargli perdere autostima. Si può creare anche una conflittualità fra genitori in cui il terreno di scontro sia le correzioni ortopediche. Anche la ginnastica correttiva non ha senso perché basta che il bambino svolga una qualunque attività fisica e,divertendosi, ne trarrà giovamento l’intero organismo arti compreso.
Famiglia. Si deve osservare anche gli arti degli altri familiari adulti, soprattutto genitori e nonni: se anche loro hanno le  “gambe storte” non è possibile fare nulla, infatti spesso c’è una ereditarietà familiare.

GIOCHI.
I bambini e le bambine preferiscono giocare in compagnia, possibilmente dei genitori e meglio se all'aria aperta.,ma questo  è un sogno, purtroppo poco realizzabile, infatti oggi l'ambiente esterno è insicuro e pieno di insidie, da quelle del traffico a quelle della violenza, per cui i bambini non possono stare da soli  nemmeno nel cortile di casa. Pertanto non è vero che ai bambini e alle bambine piaccia guardare la televisione oppure divertirsi con computer, videogiochi o play station.
È inevitabile perciò che trascorrano molto tempo in casa, ma è necessario che i genitori prendano atto di questa situazione e si organizzino di conseguenza. Questa realtà sociologica deve modificare e fare adeguare i comportamenti delle famiglie. È sbagliato, mentre il papà o la mamma sono impegnati con i lavori domestici, mettere il bambino davanti a un video, in maniera che non crei problemi e i genitori possono condurre a termine le cose che devono fare. Questa è un'esigenza dei genitori e non dei figli- La soluzione è di non lasciare mai soli i bambini, ma di organizzargli il gruppo di gioco, invitando in casa i compagni di classe e i coetanei. Una risorsa per giocare con i figli sono anche i nonni, infatti, dopo i genitori nel 75% dei casi sono i nonni a stare con i nipoti quando anche i genitori sono occupati.

I giochi preferiti

È sempre bene che gli adulti acquistino i giochi più alla moda sia perché riflettono le preferenze dei piccoli, sia perché è importante che i bambini abbiano gli stessi giochi dei coetanei. È un modo infatti per ottenere quello che scientificamente si definisce "identificazione nel gruppo dei coetanei". Nel momento in cui un organismo cresce e si trasforma è opportuno che abbia segni tangibili che è uguale ai compagni e perciò accettare come fenomeno "normale" i cambiamenti legati alla crescita.
A cosa serve giocare?
Prima di tutto il gioco ha una finalità di ricreazione, cioè far passare un periodo di tempo piacevole da cui si ottenga soddisfazione, cioè piacere. Visto, però, che non piacciono a tutti le stesse cose (come per il cibo), la prima regola da tener presente è che il gioco deve piacere a chi lo usa. Perciò bisogna lasciare i bambini liberi di scegliere i giochi che preferiscono e non insistere perché usino quelli che gli adulti ritengono più belli nemmeno se sono stati regalati da qualche persona alla quale si sia particolarmente attaccati, per esempio i nonni.
Da ricordare. Il decalogo: tutti i giochi in dieci consigli.
La scelta l'acquisto e la gestione dei prossimi regali di Natale è l'occasione per iniziare a usare bene i giocattoli perché siano divertenti e nello stesso tempo possano promuovere la salute.
Ecco cosa fare

  • bambole: è il regalo da scegliere di preferenza per le bambine, mentre per i maschietti sarà
  • automobiline e trenini, mente per tutti andranno sempre bene i
  • giochi da tavolo, ma ricordarsi sempre di
  • chiedere ai bambini le loro preferenze e accontentarli ed è sempre importante seguire le
  • mode del momento.
  • I giochi non devono essere mai troppo costosi, ma nemmeno troppo economici.
  • I bambini non devono giocare mai da soli, ma i genitori dovranno preferibilmente giocarci loro stessi o se non possono, chiamare in casa compagni e amici.
  • Se gioca la mamma:
    • le femmine preferiscono riprodurre nel gioco le attività domestiche o usare i giocattoli in generale, disegnare o condurre i giochi di ruolo (mamma e figlia, commesso e acquirente…);
    • i maschi preferiscono condurre giochi di movimento anche con la mamma, disegnare e usare i giocattoli;
  • se a giocare è il padre:
    • sia i maschi, sia, anche se in misura minore, le femmine, chiederanno di fare giochi di movimento, di usare i giocattoli in generale, in particolare giochi da tavolo e videogiochi;
  • per i nonni e le nonne valgono le stesse indicazioni per i papà e le mamme, indicati al punto 8 e 9.

Qual è  per i bambini  un giocattolo buono o cattivo?

La risposta è semplice: è buono se lo si usa all’età giusta e con i compagni giusti, altrimenti può essere pericoloso o dannoso, come per tutti i giochi
I giochi secondo le età
l   dalla nascita a 36 mesi: il gioco serve a conoscere l’ambiente, all’inizio il bambino gioca con le parti del proprio corpo e con le mani della mamma, poi inizia ad osservare gli oggetti che si muovono sopra di lui, perciò il carillon, i sonagli, ottima è la classica “casina delle api”, un carillon a forma di casa, da cui partono alcuni bracci, che alla sommità hanno appesa un’ape di plastica, che girano lentamente. Dopo le prime settimane il bambino cerca di afferrare i giochi, portandoli alla bocca per conoscerli meglio.
Verso i 6 mesi, avendo una maggior capacità di afferrare gli oggetti, inizia a giocarci meglio.
I consigli
1)   tenere i giochi dentro un cesto, in modo che il bambino possa frugarci liberamente: le dimensioni del cestino adatte per questo periodo devono essere di circa 35 cm di diametro, con i bordi di circa 15 cm.
2)   i giocattoli devono poter essere succhiati, manipolati con facilità, perciò devono avere una notevole superficie di contatto, per poter essere afferrati anche da bambini che ancora non dispongono dei movimenti fini delle dita,
3)   i giocattoli che vengono abitualmente portati alla bocca vanno lavati con acqua corrente una volta al giorno. Tutti gli altri, compresi quelli in peluche, una volta al mese
4)   devono essere infrangibili, per poter cadere senza pericolo.
5)   i singoli oggetti non devono essere troppo piccoli, infatti c’è il rischio che, portandosi i giocattoli alla bocca per conoscerli, li ingoi. Il rischio è maggiore nei primi tre anni di età, soprattutto verso i 6 mesi di età, perciò i genitori devono stare particolarmente attenti sia a non fornire giocattoli troppo piccoli, ma controllare anche quello che fa il bambino.
l   A 2 anni
I consigli
1)   gioca “creando con le mani”, usando la plastilina, la creta, la sabbia, la terra, la farina. I genitori devono avere pazienza per l’inevitabile sporco che si crea e, anzi, devono fornire tali “materiali” in abbondanza.
2)   i giochi non devono essere pochi perché il bambino si annoierebbe e non sarebbe sufficientemente stimolato a giocare, ma nemmeno, come spesso accade, troppi, perché resterebbe confuso, indeciso e non saprebbe su quali concentrare la propria attenzione. Il numero ideale è di circa venti giochi.
3)   in casa si deve lasciare a disposizione del bambino un piccolo spazio, completamente suo, in cui possa tenere i suoi giochi (anche in disordine, se vuole) e possa esserne il padrone incontestabile. Per questo scopo sono amatissime quelle piccole case in plastica o in stoffa, in cui il bambino ci possa stare dentro.
l   Dai 3 agli 8 anni: il bambino inizia e poi impara a giocare con i coetanei, organizzando vere e proprie attività di gruppo, che si sviluppano soprattutto dopo i 5 anni: all’aria aperta giocherà, sia maschio che femmina, con il pallone, in casa con i giochi da tavolo. Il rischio di inghiottire oggetti, cioè di inalare corpi estranei diminuisce progressivamente dai 3 ai 6 anni e diventa raro dopo i 7 anni. Dai 5 agli 8 anni il bambino rappresenta nel gioco i fatti della vita, perciò i giocattoli preferiti saranno costruzioni, pennarelli, quaderni, automobili in miniatura, bambole, tavolini, triciclo, bicicletta, altalena, carrozzine e accessori vari.
I “giochi cattivi”
Armi giocattolo, soldatini e altre attrezzature da guerra: non si deve mai imparare né abituarsi a risolvere, anche solo come finzione, i problemi con la violenza e la sopraffazione. Ci sono degli studi, infatti, che dimostrano che i bambini che giocano con le armi giocattolo, sono più aggressivo degli altri.

  • Videogiochi (vedi)

Con chi giocare
Nessun bambino o adolescente deve mai giocare da solo, perché questo è uno dei principali effetti negativi del gioco, ma vediamo chi sono i migliori compagni:
l   dalla nascita a 36 mesi: i genitori e gli adulti in genere
l   da 3 a 6 anni: soprattutto i coetanei, ma sempre i familiari
l   da 7 a 12 anni: i bambini scelgono compagni dello stesso sesso
l   da 13 a 18 anni: giocano sia con i maschi che con le femmine, cioè si formano gruppi misti.

Quando lavare i giocattoli
Gli oggetti che in bambini portano alla bocca vanno lavati una volta al giorno, mentre quelli in peluche una volta alla settimana.

GIRELLO.
Il girello è assolutamente sconsigliabile, infatti i bambini, anziché camminare, imparano a guidare il girello, spingendolo in avanti con l’addome e proiettano indietro la punta dei piedi.

GLOMERULONEFRITE.
Da 5 a 10 anni i bambini, cioè nel periodo delle elementari, (sono più colpiti i maschi) possono presentare la glomerulonefrite acuta post­‑streptococcica: se ne verifica 1 caso ogni 3000 di faringo-tonsillite acuta provocata dallo Streptococco beta-emolitico di gruppo A. Dopo 10 giorni, ma il periodo può variare da 1 a 3 settimane, il bambino inizia ad avere ematuria (a fare la pipì rossa) e oliguria (urinare poco) e ad avere gli occhi gonfi.
Non è completamnente chiaro il meccanismo con cui si determina la malattia, ma sembra che si depositino nel rene, danneggiandolo, dei complessi formati dall’antigene dello streptococco e dagli anticorpi fabbricati dall’organismo.
La cura
È sintomatica (è finalizzata a risolvere o alleviare i vari sintomi clinici).
È importante che il bambino limiti l’assunzione di liquidi e di sali. In 1 o 2 settimane regrediscono i sintomi più importanti e, al massimo dopo 1 mese e ½, la maggior parte delle alterazioni degli esami di laboratorio.

GOLA
Le “placche bianche” non sono né una malattia né un segno patologico, è semplicemente la secrezione mucosa che si accumula sulle tonsille e che dà questo aspetto di “placca bianca”. Nessuna paura perciò perché si tratta solo di una normale secrezione della gola.

Si  può capire quando servono o meno gli antibiotici. La presenza di quattro sintomi, tosse, raffreddore, raucedine e congiuntivite indicano che la causa è un virus: non servono gli antibiotici. L’assenza di questi sintomi e l’osservazione nel fondo della gola di petecchie (sono piccole chiazze di colore più rosso rispetto al tessuto della gola), associate a febbre superiore a 38,5°C, indicano che la faringite è provocata dallo streptococco betaemolitico di gruppo A.

Il mal di gola non fa paura

La faringite, cioè l’infiammazione della gola definita da tutti come “mal di gola”, è la malattia più frequente per i bambini. Non si pensi, però, che i bambini siano “deboli di gola”: è solo perché la maggioranza delle infezioni contratte durante i primi anni di vita viene trasmessa attraverso la via aerea. È chiaro che per arrestare i virus e i batteri, il primo sbarramento per impedire che penetrino nell’organismo è costituito dalla gola, ricca di tessuto linfatico, che è quello specifico per proteggere l’organismo dalle infezioni. È chiaro che proprio qui avverrà lo “scontro” e la “gola rossa” rappresenterà l’esito della battaglia, un po’ come un campo di calcio alla fine della partita. La faringite, cioè il mal di gola, per questo è la malattia più frequente nei bambini, soprattutto nei primi sei anni di vita.

Come guardare la gola

Sia che guardi la gola al bambino un genitore, sia che lo debba fare il pediatra, l’operazione sarà semplificata se il bambino viene preso in braccio nel modo giusto. Ecco come fare:
1)   Mettersi di fronte a una sorgente luminosa, una finestra o una lampada purché potente, infatti è sempre preferibile non usare la famosa lampadina tascabile perché si rischia di impaurire il bambino.
2)   Si deve prendere il bambino appoggiando le sue spalle al proprio torace.
3)   Facendolo sedere sul proprio avambraccio sinistro, lo si sorreggerà, mentre
4)   Con braccio e avambraccio destro lo si circonderà completamente, in modo che la mano destra dell’adulto gli immobilizzi il braccio sinistro.
5)   A questo punto il bambino viene tenuto fermo e l’adulto che gli sta davanti (genitore o pediatra che sia) dovrà
6)   Appoggiargli la mano sinistra sulla testa in modo da immobilizzargliela per evitare che si giri di lato, mentre
7)   Con la mano destra infilerà il manico di un cucchiaio all’interno della bocca. Se il bambino stringe i denti basterà aspettare che li apra anche leggermente e vi si infilerà in mezzo il manico del cucchiaio; poi bisognerà spingerlo un po’ in profondità, in modo che, evocando il riflesso del vomito, il bambino aprirà la bocca. A questo punto verrà illuminata (al primo punto abbiamo detto che il bambino andrà messo davanti a una sorgente luminosa, per cui l’esaminatore si troverà con le spalle rivolte alla finestra o alla luce). L’unica cosa è che si deve fare in fretta, infatti il bambino spalanca la bocca, ma bisogna fare presto, perché se si insiste o si ripete il tentativo, alla fine potrebbe anche vomitare.

GOMITO.  La pronazione dolorosa del gomito
È una situazione che si verifica soprattutto quando il bambino sta imparando a camminare o è ancora insicuro: i genitori lo tengono per mano, lui cade e il gomito si trova stirato da una parte dal peso del corpo del bambino che sta cadendo e dall’altro dalla forza esercitata dall’adulto per evitare la caduta. Le spese le fa proprio il gomito, infatti la parte superiore del radio (è una delle due ossa dell’avambraccio) esce dalla sua posizione abituale all’interno dell’articolazione del gomito, e resta sublussato. I genitori se ne accorgono perché il gomito resta “bloccato” e il bambino piange perché accusa naturalmente un forte dolore. La situazione sembra drammatica e la componente emotiva è accresciuta anche dai sensi di colpa degli adulti, ma, per risolvere la situazione, basta portare il bambino da un medico, che sbloccherà l’articolazione allo stesso modo con cui si fanno ritornare a posto anche varie strutture meccaniche, infatti eserciterà una trazione, cioè “stirerà” l’avambraccio mentre il palmo della mano va voltato verso l’alto, in questo modo si farà uscire la sommità del radio dalla posizione anormale in cui è finito e si “accompagnerà” nella sua normale sede.

GRAFFI O MORSI DI GATTO.
Si deve eseguire la stessa medicazione che abbiamo indicato in caso di ferita: in questo caso, però, si deve far visitare sempre il bambino dal medico, quando la zona intorno al graffio o alla morsicatura si gonfia, diventa rossa o vi appare una secrezione giallastra, oppure al bambino compare la febbre, perché i denti dell’animale potrebbero aver trasportato qualche batterio capace di determinare un’infezione.

GRAVIDANZA.
Il concepimento: la gravidanza, dal momento del concepimento dura, in teoria 268 giorni,.
Per calcolare la data presunta del parto, si può ricorrere anche alla regola di Naegele: alla data in cui sono iniziate le mestruazioni per l’ultima volta si devono sottrarre 3 mesi e aggiungere 7 giorni: il parto potrà avvenire cinque giorni prima o dopo rispetto alla data ottenuta.

GUSTO. 
E’è presente, ma rudimentale, alla nascita, si sviluppa dopo il secondo mese, ma, per essere simile a quello dell’adulto, bisogna attendere i sei anni. Comunque alla nascita il bambino sa già distinguere il succo del limone rispetto a quello dello zucchero e compie con il viso smorfie simili a quelle dell’adulto quando assaggia sapori simili.
Che cosa fare  Il bambino inizierà ad apprezzare i cibi che piacciono alla mamma già durante la gravidanza,infatti ne imparerà a riconoscere il sapore, in basi ai cambiamenti che determinano gli alimenti al liquido amniotico. In seguito anche se alcuni cibi assunti dalla mamma possono alterare il sapore del latte, i bambini quasi mai ne vengono influenzati tanto da rifiutare il seno: è per questo che oggi, rispetto al passato, si consiglia alla nutrice una dieta libera; al momento del divezzamento bisogna rispettare il gusto del bambino e, quando un cibo non gli piace, è bene non darglielo.

 
 
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